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La pedagogia libertaria – Alexander Neill e Summerhill — Quarta parte

Erich Fromm nel commentare Summerhill nel suo brevissimo studio Un esempio di amore per la vita[24] ritiene che il precetto di base non è altro che l’amore per la vita e il tipo di Neill vuol far maturare nei bambini a lui affidati è il biofilo, colui che ama la vita, contrapposto al necrofilo, colui che ama la morte. Il “biofilo”, dice ancora Fromm, ama l’avventura stessa della vita, perché questa implica sempre incertezza e rischio. Anche la biofilia ha la sua etica. Nell’educazione alla vita non si ha paura della verità e la legge è la legge interiore, l’autoregolazione. Questo, in breve, è un modello di uomo congruente con lo spirito della scuola di Summerhill.
Summerhill: una proposta contro la società repressiva fu annunciato in Inghilterra, neppure un libraio americano ne prenotò una copia: tanta era l’ignoranza e l’indifferenza del pubblico americano nei confronti di Neill. Non molti anni dopo sulla scia delle rivolte studentesche di Berkeley o di altre università, Summerhill divenne un “classico” della pedagogia e veniva prescritto come testo d’obbligo in almeno seicento corsi universitari degli Stati Uniti; mentre nel 1968 sono state vendute centomila copie del libro, nel 1969 duecentomila. Il successo americano di Neill è solo l’esempio più vistoso di un processo all’epoca mondiale: Summerhill è stato tradotto in francese, in tedesco, in italiano, in spagnolo, in portoghese, giapponese, israeliano, finlandese, norvegese e danese. Dietro questo esplosivo interesse, non si cela sempre, né spesso, il consenso. Quello che più sovente il pensiero di Neill suscita è un vero e proprio uragano di controversie e di polemiche.
Un saggio che meglio evidenzia teorie ed esperienze di Neill è Summerhill in discussione, che riporta le analisi condotte da dieci studiosi americani e due italiani. Nello studio di apertura del volume, “Teoria e prassi” Raffaele Laporta conduce una critica serrata a Neill. Laporta esamina soprattutto il concetto di libertà che è “preliminare alla sua pratica educativa”, vede cioè la libertà “come il risultante di un processo di liberazione dalle repressioni nell’infanzia e quindi come un ritorno alla condizione originaria dell’essere umano”.[25] Anche la scuola a Summerhill è dominata dal principio della libertà poiché l’opzionalità delle frequenze alle lezioni è uno dei motivi fondamentali; Neill è in polemica con le istituzioni scolastiche statali e con quelle assimilate, perché ritenute repressive, formali, meccaniche e non rispondenti agli effettivi interessi infantili. Sul piano politico, Neill si pone nel filone dei pedagogisti educatori che negli anni Venti, in Europa e in America, sulla base di diverse matrici culturali formulavano un credo educativo “liberale” ed “antiautoritario”, ma la sua critica alla società secondo Laporta ha caratteri esclusivamente psicologici, Neill non “vede in pratica il nesso tra educazione e politica”.[26] Fatta eccezione di queste limitazioni, secondo Laporta, Neill rimane pur sempre brillante, intuitivo e ricco di doti umane.
Nello studio “La valenza antieducativa di Summerhill”[27], l’allora popolarissimo sovrintendente per l’istruzione pubblica dello stato di California Max Rafferty, offre una valutazione decisamente negativa su Summerhill, considerando “chiacchiere” le teorie rousseauniane tanto osannate da Neill. Riguardo al concetto di Neill secondo cui “le lezioni sono facoltative e i bambini possono andarvi e non andarvi (…) anche per anni se vogliono” viene regolarmente respinto: Rafferty non condivide la convinzione di Neill che ritiene “la materia di poco importante” o l’idea secondo cui “cosa si impara è meno significativo di come s’impara”.
Nello studio che porta il titolo “Considerazioni di una psicologa”[28], Louise Bates Ames dà una valutazione negativa sull’esperienza di Neill e soprattutto sui principi che l’animano. Intanto, gli rimprovera subito “il dogmatismo” ed “il sapere tanto poco in merito al comportamento infantile”. Infatti, secondo Neill, Neill i bambini dovrebbero anche “poter esprimere liberamente i loro impulsi aggressivi e distruttivi”, altrimenti le conseguenze sarebbero “spaventose”. E se il bambino dopo essersi “sfogato” si cheta, secondo la Bates Ames è certamente perché “anche la libertà completa diventa noiosa dopo qualche tempo e la permissività di Neill non solo non è necessaria ma anche lievemente ridicola”. La critica della Bates Ames continua serrata, decisamente negativa. Circa gli errori dei pensieri educativi di Neill, primo tra tutti quello di non considerare che molti bambini cercano assolutamente una “guida” e vogliono accanto a sé un adulto e ancora quello che i bambini non dovrebbero rispettare l’autorità e che il sesso dovrebbe essere libero.
Nel suo breve studio “Un messaggio di fede”,[29] Fred M. Hechinger, all’epoca redattore pedagogico del New York Times, offre una ponderata valutazione critica perlopiù esaltante, dell’esperienza di Summerhill e dei principi che la animano, pur riconoscendone e dimostrandone punti deboli e limiti. Hechinger esordisce affermando che “Summerhill non è una scuola ma una religione”. Summerhill, cioè, “è un luogo in cui le influenze malvagie e repressive sono state rimosse” e “un’oasi in cui i bambini sono lasciati liberi di svilupparsi senza pressioni e repressioni”. Un altro punto debole, sul quale Hechinger insiste e calca l’accento, è l’anti-intellettualismo della “religione” di Summerhill. La noncuranza per il libro, per il sapere, per la “vita della mente”, per “le lezioni” fanno pensare ad un Neill “desideroso di sacrificare il cervello al cuore”.
Nello studio “La libertà dei bambini”[30], John Holt, newyorkese, maestro elementare prima e docente universitario poi, dà atto che la maggioranza dei bambini a Summerhill fa notevoli progressi e grandi miglioramenti: “bambini sconfitti, completamente demoralizzati dalla vita, chiusi nelle loro disperate strategie di autodifesa e deliberato fallimento, pieni di paura, sospetto, rabbia, odio” nella vita libertaria della comunità educativa “ritrovano la forza, la fiducia, il coraggio di affrontare la vita ed entrarvi”.
Articolata e fondata ci sembra la critica, “Considerazioni di uno psicanalista”[31] di Bruno Bettelheim, già citato precedentemente, docente di pedagogia e di psicologia all’Università di Chicago, oltre che autore di numerose opere sul problema della riabilitazione degli handicappati. Nonostante Bettelheim apprezzi Neill, non manca di esprimere qualche riserva. Egli trova semplicistica la posizione di Neill secondo la quale basta non esercitare alcuna pressione e il bambino impara a distinguere il bene e il male imitando l’adulto e ritiene che in questo modo Neill rischia di suscitare ansia nel bambino che si identificherà con l’adulto modello solo per angoscia, per paura di perdere la stima o l’affetto dell’educatore.
A sua volta Michael Rossman, un autorevole esponente della sinistra universitaria californiana, sottolinea il carattere elitario e circoscritto dell’esperimento di Neill. Ma, come abbiamo potuto notare, l’isolamento fu probabilmente il prezzo che Neill dovette pagare per poter svolgere su base continuativa la sua attività.
Paul Goodman, il famoso autore del testo Compulsory Mis-Education, esaltatore del tentativo della “first street school” di New York, “un istituto modellato in parte su Summerhill”, valido e singolare esponente della “descolarizzazione”, Paul Goodman, dicevamo, interviene a esprimere un giudizio su Summerhill con lo studio “Summerhill, esperienza di educazione incidentale”.[32] Per Goodman, a Summerhill è giustamente la comunità a fornire l’educazione; i bambini apprendono in modo “incidentale”, occasionale e concreto, senza predeterminazione, “per spinta propria”, attraverso un interesse, curiosando, chiedendo, osservando, imitando senza ricorrere ai libri.
Secondo Nathan W. Ackerman, nel suo studio “Adulti e bambini”[33], Summerhill è una “visione poetica”, è una scuola che presenta delle incoerenze soprattutto della natura selettiva della popolazione studentesca, come ha già affermato Rossman. Infatti, nella scuola di Neill erano ammessi soltanto quei bambini i cui genitori si potevano permettere di pagare la retta. Inoltre per Ackerman Neill ha fondato e preservato un mondo infantile dove i valori di Neill sono in larga misura quelli del bambino; dunque i bambini si identificavano con Neill perché egli si identificava con loro. Ecco spiegato il motivo per cui secondo Ackerman la comunità di Summerhill si può considerare una comunità di pari.
Nello studio di chiusura del volume, “Summerhill nella storia”[34], Antonio Santoni Rugiu anzitutto, si domanda “come mai l’esperienza di Summerhill ha avuto una vita così lunga” che continua da oltre cinquant’anni, mentre sono scomparsi tutti i pionieri di formazione libertaria e le istituzioni extra-scolastiche da essi create: “tutte le consimili imprese dette impropriamente «scuole libertarie» hanno conosciuto infatti una vita assai più breve” e anche se Summerhill dovesse cessare subito, “avrebbe già battuto un record notevole”. A questo proposito, “la prima risposta che viene alle labbra può essere quella che con la contestazione del 1968 gli assunti neilliani sono tornati in grande auge”; “l’altra ragione per cui Summerhill è vissuta tanto a lungo è nel fatto che il suo fondatore e animatore è stato quello che oggi si chiama un grosso personaggio” che nasce in seguito alla lezione appresa attraverso i fallimenti tedeschi e austriaci di Hellerau e di Vienna. Aggiunge, acutamente, ancora Santoni Rugiu: “Anche sul piano culturale Neill è meno autoritario di quanto non sembri a prima vista”. Summerhill, insomma, è stata saggiamente amministrata da Neill ed è sopravvissuta nel tempo, anche se ha costituito un totale rovesciamento dei principi educativi e metodologici tradizionali: essa “non è una scuola” ma “è una comunità residenziale” in cui “autorità e sesso represso rimarranno sempre gli obiettivi polemici che motivano la sua contro-educazione”.
Un assertore dell’ideologia progressista, Pierre Laguillaumie, ci spiega, come Neill, rifiutandosi di svolgere il ruolo di insegnate tradizionale, di mediatore tra la società e i giovani, rifiutandosi di preparare la gioventù alla vita sociale, intellettuale e morale, rompa in questo modo con lo schema tradizionale della pedagogia riformista di un Dewey o di un Rogers. In sostanza, Laguillaumie ritiene che Neill nonostante i compromessi con la società borghese, per il semplice fatto di far conoscere attraverso Summerhill, a dei ragazzi, una realtà non repressiva e non alienata è da considerarsi rivoluzionario.[35]
Per Erich Fromm, il pensiero e l’opera di Neill rivestono la massima importanza, perché sostengono e dimostrano che la pedagogia della libertà non è un’utopia ma è possibile e funziona. Fromm ammira in Neill le doti del realismo e del coraggio e chiarisce al lettore che l’“esperimento” di Summerhill
“è tale che (…) non potrà essere ripetuto con facilità nella società odierna (…) non solo perché l’esperimento deve la sua vitalità all’essere portato avanti da una personalità straordinaria come quella di Neill, ma anche perché pochi genitori hanno il coraggio e l’autonomia di giudizio per considerare più inportante la felicità dei propri figli che il loro successo”[36].

Una critica ancor più positiva e anche entusiasta potrebbe essere quella di M.D. Angelicola, una delle prime studiose italiane di Neill, che ha visitato Summerhill. Per l’Angelicola, ciò che distingue Neill da Dewey, Parker, da Maria Montessori e da tutti i maestri del passato, pur portatori di principi progressisti, è che questi maestri subordinano i principi medesimi a quello di “un adattamento più o meno completo del bambino alla società esistente”[37] e “ai valori dell’ordine costituito in cui si trovano”[38] mentre Neill sarebbe stato un rivoluzionario la cui azione avrebbe inciso anche sul piano sociale.
Di contro, una critica sferzante a Neill è stata opposta da Francesco Gatto secondo il quale Neill non ha visto, o non ha voluto vedere, il nesso esistente tra educazione e politica. Per Gatto Neill non è rivoluzionario perché non vuole che i suoi allievi una volta usciti da Summerhill siano dei contestatori, anzi vuole che i suoi ragazzi licenziati dalla scuola svolgano un ruolo gratificante e che siano felici e vivano con gioia. Dunque inserimento non ribellione, adattamento non contestazione. Ancora, non è stato rivoluzionario in quanto egli consegna alla società dei giovani aderenti al più piatto conformismo in quanto disarmati e privi di quegli strumenti culturali e intellettuali capaci di dare la consapevolezza critica per affrontare la realtà e che consentano il sorgere di una comunità di uomini, anzi di persone, capaci di un integrale arricchimento nel segno dell’umanità.
Molto incisiva risulta la critica di Georges Snyders, studioso di ispirazione marxista, secondo cui questo tipo di educazione, dove l’autorità dell’insegnante è celata dietro il paravento dell’amore e della comprensione, dove sono state cancellate ogni cultura e ogni vita politica e che non fa maturare una coscienza di classe genera conformisti e conservatori.
Nel presentare il libro di Neill Questa terribile scuola Carlo Doglio si esprime con un certo scetticismo e perplessità però non si esimia dal rendergli qualche contributo. Secondo Doglio i principi di Neill, potevano valere negli anni ’20 quando Summerhill, sulla scia delle scuole di Amburgo poteva essere considerata tipicamente d’avanguardia, ma in seguito dai suoi insegnamenti “se n’è spremuto (…) e oramai è il caso di lasciarlo acquietarsi, quasi di dimenticarlo”. Ciò che invece per Doglio in Neill è sempre valido e fresco è il leit-motiv del sesso.
Alquanto serena e dettagliata ci appare l’interpretazione di Summerhill offertaci da Annalisa Pinter nella presentazione del libro Il fanciullo difficile di Neill. La Pinter esordisce affermando che:
“Neill non è un teorico, non elabora alcunché a tavolino (…) è il traduttore in modo concreto di elaborazioni teoriche che altri hanno scritto e cui lui è debitore nel campo delle idee, ma uno dei suoi meriti è stato quello di aver utilizzato e messo in pratica con genialità e coerenza le teorie di altri autori (…)”[39]
Ma come molti altri critici ci hanno fatto notare anche la Pinter ritiene che i principi neilliani presentano delle incongruenze e contraddizioni. Ad esempio, riguardo al principio della libertà, esso è sì il terreno su cui si può innestare la felicità o perlomeno la serenità di una vita costruita come la si desidera, però non basta da sola, senza un’adeguata formazione culturale e adeguati strumenti di giudizio per poter vivere e agire in una società politica ed economica. La propria libertà la si può vivere solo se si ha la possibilità di disvelare gli altrui metodi di persuasione e i meccanismi di potere. Sarà proprio dovuto alle sue sottili incoerenze che Summerhill, come aveva presagito Neill, non avrà di fatto un seguito a vasto raggio, ma nonostante ciò per la Pinter resta “una pietra miliare nella storia della pedagogia, perché è uno di quegli autori con cui ci si deve comunque confrontare, in positivo o in negativo”.[40]

Note
[24]AA. VV., Summerhill. For and Against, New York, Hart Publishing, Co., Inc., 1970 (trad. it. a cura di Egle Becchi, Summerhill in discussione, Milano, Franco Angeli Editore, 1975, pp. 174-183).

[25] AA. VV., Summerhill in discussione op. cit. p. 16.

[26] Ivi, p. 39.

[27] Ivi, pp. 44-56.

[28] AA. VV. Summerhill in discussione op. cit. pp. 75-90.

[29] AA. VV. Summerhill in discussione op. cit. pp. 63-74.

[30] Ivi, pp. 91-102.

[31] Ivi, pp. 103-121.

[32] AA. VV., Summerhill in discussione op. cit. pp. 135-151.

[33] Ivi, pp. 153-173.

[34] AA. VV., Summerhill in discussione op. cit. pp. 186-207.

[35] PIERRE LAGUILLAUMIE, Summerhill, scuola della libertà, in Educazione o condizionamento?, a cura di ETTORE GELPI, Roma, Partizan, 1970, pp. 39-43.

[36] ERICH FROMM, Prefazione in NEILL, Summerhill, una proposta op. cit. p. 10.

[37] M. DOLORES ANGELICOLA, Un’utopia rivisitata. A. Neill e la scuola di Summerhill, Roma, Armando Editore, 1979, p. 90.

[38] Ivi, p. 91.

[39] ANNALISA PINTER, La pratica educativa di A.S. Neill in ALEXANDER S. NEILL, Il fanciullo difficile, a cura di Leo Pellegrini, Firenze, La Nuova Italia, 1951-1992, pp. 7-12.

[40] PINTER, La pratica op. cit. p. 5.

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