Coca cola

Questa multinazione produce l’ononima famosissima bibita presente in tutto il mondo. A parte produrre una bibita insalubre, la storia della Coca Cola è macchiata da omicidi, minacce e sfruttamento.

Sinaltrainal, struttura a cui aderiscono oltre 4.000 dipendenti dei maggiori complessi industriali del settore alimentare, punta il dito oltre che sulla Coca Cola e la Panamco, anche su altre importanti multinazionali, come la Nestlé e la Cicolac. Nelle aziende di proprietà di questi gruppi si è verificata nell’ultimo decennio un’impressionante sequela di omicidi selettivi, sequestri e sparizioni di sindacalisti e operai, eseguiti dagli squadroni della morte di estrema destra, crimini rimasti del tutto impuniti grazie alle coperture e alla collaborazione di ampi settori delle forze di sicurezza statali.

Undici i dirigenti e gli attivisti assassinati (5 quelli dipendenti dalle societá imbottigliatrici della Coca Cola), 6 quelli miracolosamente sopravvissuti ad attentati dinamitardi, 5 i leader sindacali che a seguito delle gravi minacce subite dai paramilitari sono stati costretti a dimettersi dalla Panamco e a rifugiarsi all’estero.

Numerosi i dipendenti colombiani della Coca Cola vittima di persecuzioni da parte di organi giudiziari e di polizia dello Stato colombiano, ingiustamente accusati di legami con il terrorismo o con le organizzazioni della guerriglia; tra essi 12 leader sindacali sono stati detenuti illegalmente per periodi piú o meno lunghi a partire dal 1984. A seguito delle campagne di repressione eseguite dalle forze armate nella regione settentrionale dell’Urabá (dipartimento di Antioquia), nel 1985, 17 operai dell’impianto di imbottigliamento della Coca Cola del comune di Canepa, hanno dovuto abbandonare il lavoro per sfollare insieme ai propri familiari verso altre cittadine della regione. Nel 1996, un gruppo paramilitare ha fatto irruzione nello stesso impianto di Canepa, costringendo 70 operai a rassegnare le proprie dimissioni dal sindacato. Successivamente due lavoratori sono stati assassinati, altri due dipendenti sono stati vittime di attentati e l’ufficio locale di Sinaltrainal é stato devastato e incendiato durante un blitz paramilitare.

A Bucaramanga (capoluogo del dipartimento di Santander), sempre nel 1996, la sede della cooperativa dei lavoratori della Coca Cola, Cooincoproco, è stata oggetto di due raid da parte dei corpi speciali della polizia, alla ricerca – inutile – di armi ed esplosivi. Nel 1997 la Cooincoproco e l’abitazione del leader sindacale e dipendente della Coca Cola, Alfredo Porras, sono stati devastati da un nuovo raid degli uomini della 5^ brigata dell’esercito colombiano. Sinaltrainal ha denunciato altresí come i propri attivisti siano costantemente oggetto di pedinamenti e intercettazioni telefoniche illegali, e come le imprese imbottigliatrici della Coca Cola abbiano ripetutamente violato accordi collettivi e diritti sindacali, chiudendo arbitrariamente i propri impianti e licenziando i lavoratori senza giusta causa.

“Le imprese transnazionali come la Coca Cola e la Nestlé, impediscono in Colombia il libero esercizio sindacale” aggiunge Sinaltrainal. “All’interno delle fabbriche gli operai vivono in un clima di repressione, controllati a vista da videocamere e personale armato. E’ sufficiente partecipare a una riunione sindacale per ricevere la notifica di licenziamento e, se il lavoratore la impugna, è costretto a fare i conti direttamente con le minacce dei capi della sicurezza, pagati dall’impresa”. Il gravissimo clima d’intimidazione vissuto nelle fabbriche ha avuto come effetto l’indebolimento della centrale sindacale, che ha visto negli ultimi due anni il dimezzamento dei propri iscritti, in un paese, dove appena il 3% dei lavoratori esercita il proprio diritto di affiliazione sindacale e dove negli ultimi 15 anni sono stati assassinati oltre 3.800 tra dirigenti e iscritti della Cut, la Centrale unitaria dei lavoratori della Colombia.

“Neghiamo ogni tipo di vincolo con qualsiasi violazione dei diritti umani” ha immediatamente commentato l’Ufficio degli affari internazionali della Coca Cola di Atlanta, respingendo le accuse delle centrali sindacali colombo-statunitense. “Le imbottigliatrici in Colombia sono compagnie del tutto indipendenti dalla Coca Cola e per tanto la Compagnia non ha a che vedere con i suoi dipendenti o sindacati”. Una smentita che non trova riscontri oggettivi nell’organigramma societario. La transnazionale infatti, concede dal 1951 il monopolio della produzione e della distribuzione dei propri prodotti alla Panamco Indega Colombia, filiale della Panamerican Beverages-Panamco di Miami (Florida), di cui proprio la Coca Cola Company possiede il 24% del capitale azionario e conta su due rappresentanti nel consiglio di amministrazione. L’88% del fatturato della Panamco è generato appunto dalla produzione, dall’imbottigliamento e dalla commercializzazione in tutta l’America Latina dei prodotti del marchio Coca Cola, mentre il resto deriva dalla distribuzione sul mercato sudamericano delle note birre euopee Kaiser e Heineken.

IN INDIA

Impatto ambientale: promuovendo la vendita di bevande in lattina e in plastica, la Coca Cola contribuisce alla produzione di migliaia di tonnellate di rifiuti e stimola il consumo di alluminio che ha conseguenze devastanti nei luoghi di estrazione. La produzione della bevanda richiede inoltre molta acqua e il rilascio di sostanze inquinanti che finiscono poi nelle falde acquifere.
Nel 2002 la popolazione di Plachimada (India) è insorta perché gli impianti della multinazionale stavano prosciugando i
pozzi e contaminando le falde acquifere della zona. Il 17 dicembre 2003 il tribunale locale ha intimato alla Coca Cola di fermare l’abuso nel prelievo dell’acqua. Già nel novembre 2002 la Corte Suprema Indiana aveva condannato Coca Cola per aver deturpato le rocce dell’Himalaya con scritte pubblicitarie che hanno compromesso l’ecosistema.
In Mehdiganj, vicino la città santa di Varanasi, la Coca Cola: la multinazionale ha illegalmente occupato una parte delle risorse di proprietà comunitaria ed è stata ritenuta colpevole di evadere le tasse.
La Coca Cola ha prodotto scarti – poi rivenduti ai contadini come fertilizzanti! – che test hanno dichiarato tossici: la Coca Cola vi ha posto rimedio solamente dopo che le agenzie governative le hanno ordinato di farlo. Molti contadini a Plachimada e Mehdiganj erano i destinatari degli scarti Coca Cola e hanno subito danni a lungo termine per la salute.

LAVORATORI ASSASSINATI

1986 Héctor Daniel Useche Beron (Nestlé of Colombia)
1989 Luis Alfonso Vélez (Nestlé of Colombia)
1993 Harry Laguna Triana (Cicolac Ltda)
1994 José Eleaser Manco David (Coca Cola)
1994 Luis Enrique Giraldo Arango (Coca Cola)
1995 Luis Enrique Gomez Granada (Coca Cola)
1996 José Manuel Becerra (Cicolac Ltda)
1996 Toribio de la Hoz Escorcia (Cicolac Ltda)
1996 Alejandro Hernandez V. (Cicolac Ltda)
1996 Isidro Segundo Gil Gil (Coca Cola)
1996 José Libardo Herrera Osorio (Coca Cola)

LAVORATORI SOPRAVVISSUTI AD ATTENTATI
E COSTRETTI A RIFUGIARSI ALL’ESTERO

1990 Antonio Rico Morales (Nestlé of Colombia)
1995 Víctor Eloy Mieles Ospino (Cicolac Ltda)
1996 Gonzalo Gómez Cervantes (Cicolac Ltda)
1996 Adolfo Cardona Usma (Coca Cola)
1996 Gonazlo Quijano Mendoza (Beta Ltda)
1998 Rafael Carvajal (Coca Cola)

LAVORATORI GRAVEMENTE MINACCIATI
E COSTRETTI A LASCIARE IL POSTO DI LAVORO

1995 Luis Eduardo García (Coca Cola)
1995 Rafael Almenteros (Coca Cola)
1995 Alfonso Mutis (Coca Cola)
1995 Sessanta operai dell’impresa Granja La Catorce nella Sierra Nevada di Santa Marta (Magdalena), di proprietà della società Indunal S.A., del senatore Fuad Char Abdala 1996 Oscar Tascón Abadía (Cicolac Ltda)
1996 Tomás Enrique Galindo (Cicolac Ltda)
1996 Alfonso Daza Alfaro (Cicolac Ltda)
1996 Gabriel Serge (Cicolac Ltda)
1996 Martín Emilio Gil Gil (Coca Cola)
1996 Gonzalo Quijano (Beta Ltda)
1998 Luis Javier Correa Súarez (Coca Cola)

LAVORATORI ARRESTATI CON L’ACCUSA
DI TERRORISMO E SOVVERSIONE, TORTURATI
E SUCCESSIVAMENTE LIBERATI PERCHÉ INNOCENTI

1984 Jaime Gómez Díaz (Coca Cola)
1984 Efraín Surmay (Coca Cola)
1984 Rafael Almenteros (Coca Cola)
1984 Heriberto Gutiérrez (Coca Cola)
1984 Julio Alberto Arango (Coca Cola)
1984 Humberto Cortés (Coca Cola)
1995 Luis Javier Correa Súarez (Coca Cola)
1995 Gonzalo Quijano (Beta Ltda)
1996 Luis Eduardo García (Coca Cola)
1996 José Domingo Flórez (Coca Cola)
1996 Sergio A. López (Coca Cola)
1996 Alvaro González (Coca Cola)
1996 Luis Javier Correa (Coca Cola)
1996 Edgar A. Páez (SINALTRAINAL)
1996 Gonzalo Quijano (Beta Ltda)
1996 Eduardo Ortega (Beta Ltda)
1996 Alvaro Villafañe (Nestlé of Colombia)
1996 Rafael Moreno (SINALTRAINAL)
1996 Alfonso Barón (Cicolac Ltda)
1996 Hernando Seirra (Cicolac Ltda)

SINDACALISTI DELL’IMPIANTO COCA COLA DI CAREPA (URABÁ-ANTIOQUIA)
COSTRETTI A FUGGIRE
IN ALTRI DIPARTIMENTI DELLA COLOMBIA

1985 Elías Muñoz
Bernardo Alcaraz
Jannio Barrios
Jaime Cano
Consuelo Montoya
Robert Harold López
Wilson Montoya
Rodrigo Rueda
Rubiel Goez
Jesús Emilio Giraldo
Humberto Ramirez
1996 Dolahome Tuberquia
Giovanny Gómez
Hernán Manco
Oscar Darío Puerta
Oscar Alberto Giraldo
Luis Adolfo Cardona

Eni